È evidente che ciò rappresenta un autentico capovolgimento di prospettiva: anziché focalizzarsi sul sintomo e sul malessere, si privilegiano interventi finalizzati al potenziamento delle risorse e delle abilità della persona, mettendo anche in relazione il benessere del singolo con quello più generale della comunità. Si passa così dalla cosiddetta “psicologa del malessere”, in cui l’obiettivo è la risoluzione della sofferenza, a quella del “benessere”, finalizzata al conseguimento della salute della persona, laddove per “salute” intendiamo lo “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo la semplice assenza di malattia” (OMS).
Secondo Seligman, lo psicologo statunitense che è riconosciuto il padre della Psicologia Positiva bisogna, infatti, dedicare attenzione agli aspetti patologici della persona, forieri di sofferenza, senza però correre il rischio di tralasciare gli aspetti positivi dell’esistenza umana, come le emozioni piacevoli, le risorse, le qualità e le abilità dell’individuo.